Antonio Riggio è Presidente dell'Associazione "Autismo in Movimento" e genitore di Gaetano, ragazzo affetto da una grave forma di autismo. Lavora costantemente per il progetto "Il Villaggio della felicità", creato per dare una nuova prospettiva ai ragazzi disabili anche dopo la scomparsa dei loro genitori .
Da dove nasce l'idea del "Villaggio della felicità"? «È il frutto della paura: ci si attiva per realizzare i sogni o perché si ha paura o perché immagini che dalle tue azioni possa nascere qualcosa di bello. Nel mio caso, da genitore, c'è tanta paura "del dopo di noi", di cosa sarà dei nostri figli quando non saremo più in grado di dare loro le cure di cui hanno bisogno. Il compito di ogni genitore è quello di migliorare la vita dei propri figli, a maggior ragione se questi non riescono ad avere una propria autonomia a causa di una forma di disabilità. L'idea del "Villaggio della felicità" nasce proprio da questa esigenza: si tratta della costruzione di un centro semiresidenziale e residenziale con all'interno delle villette in cui le famiglie con disabili possono vivere e socializzare tra loro, divenendo un'unica grande famiglia. Questo garantisce ai ragazzi una continuità affettiva e spaziale anche oltre la scomparsa dei propri genitori: possono rimanere nella casa in cui hanno sempre vissuto perché ci saranno altre famiglie a darli un sostegno affettivo».
Cosa rappresenta per lei il poter garantire a suo figlio una prospettiva futura? «Purtroppo la legge non garantisce abbastanza i disabili gravi come Gaetano: il "Villaggio della felicità" è la speranza che non lascerò mio figlio da solo in questo mondo o lo affiderò ad una comunità dove non sempre i disabili vengono trattati come farebbe un genitore. Desidererei anche che lo Stato riconoscesse la figura del caregiver, cosa che purtroppo oggi non viene tenuta in considerazione. Noi genitori di disabili gravi e gravissimi non possiamo permetterci di lavorare, perché i nostri figli assorbono tutto il nostro tempo e la nostra energia».